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Chi è il caregiver informale?

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Un termine per definire infinite realtà e bisogni

Il caregiver informale (talvolta definito anche laico) è il familiare, il vicino o l’amico che presta assistenza a una persona in difficoltà su base volontaria e senza retribuzione. A questo gruppo si aggiungono anche le badanti retribuite. Ciò che accomuna tutte queste figure è il fatto di non avere ricevuto una formazione professionale specifica per l’attività di cura e sostegno che svolgono (UNECE, 2011).

Il gruppo dei caregiver è dunque vastissimo e variegato. I caregiver offrono dall’aiuto sporadico all’assistenza totale, dal supporto a distanza alla cura quotidiana. Tant’è che si distingue ormai tra il caregiver manager, non necessariamente fisicamente presente, e il caregiver operativo (Jegermalm, Jeppsson Grassman, & Whitaker, 2022).»

L’assistenza può essere diretta (cura della persona, aiuto nei movimenti, gestione delle terapie, pasti, uscite) o indiretta (pulizie, spesa, preparazione dei pasti, organizzazione dei trasporti e delle visite mediche) (National Institute on Aging, 2024).

Io sono caregiver di mia madre, pur vivendo a distanza: insieme a mio fratello coordino la sua assistenza, la supporto nelle decisioni, mi occupo della parte burocratica che non può gestire e, in occasione di una caduta che l’ha costretta a letto, l’ho assistita in modo pieno per oltre venti giorni. La mia amica M. è caregiver di una madre con demenza avanzata che vive a 400 km di distanza, rifiuta l’assistenza ma necessita di frequenti interventi dalla sua unica famigliare che è la figlia. La mia amica V. assiste sua madre dopo un intervento chirurgico: al termine del lavoro corre da lei per lavarla, portarle viveri e medicine e gestire i contatti con i medici. La mia amica A. si prende cura del padre che, pur avendo problemi di memoria, continua a uscire con bancomat e PIN in tasca, insiste a voler prendere la automobile e lei deve prevenire i rischi legati ai tempi lunghi della diagnosi della demenza. E’ caregiver anche  la signora albanese che assiste la mia vicina di casa lasciando con il padre una sua bambina piccolissima. E così via, davvero un’infinità di casi e di esigenze! 

A questa infinita diversità di situazioni corrispondono altrettante necessità di supporto, che si possono riassumere in due categorie principali:

  1. sostegno al caregiver per aumentare la sicurezza ed efficacia della cura della persona assistita;
  2. sostegno diretto al caregiver stesso.

Una forza invisibile in Europa

In Europa circa 80 milioni di persone forniscono aiuto agli anziani in maniera informale, costituendo un vero e proprio esercito invisibile. Si parla di un esercito invisibile in quanto nella maggior parte dei casi senza un riconoscimento del proprio ruolo e, conseguentemente, senza un supporto a quanto offrono ai loro cari e alla società nel complesso. La maggior parte di tale esercito sono donne, che garantiscono circa l’80% dell’assistenza totale.

Il valore economico di questa attività, calcolato sul tempo dedicato e sulla perdita di produttività lavorativa, è stimato tra il 2,4% e il 3,6% del PIL europeo, senza considerare l’impatto negativo sulla salute dei caregiver stessi (WHO, 2024; Peña-Longobardo & Oliva-Moreno, 2021; Huis in ’t Veld et al., 2022).


L’Italia: cultura, legami familiari e carenze strutturali

In Italia la legge riconosce l’obbligo di assistenza morale e materiale verso i genitori anziani (art. 433 Codice Civile; art. 570 e 591 Codice Penale). Tuttavia, la stragrande maggioranza degli anziani bisognosi in Italia risiede a casa propria principalmente perché in Italia la famiglia riveste un ruolo centrale e ci sono dei legami familiari molto forti. Le strutture residenziali sono considerate infatti “ultima risorsa”. In aggiunta, in Italia c’è una rete di servizi e strutture residenziali insufficiente e costosa.

Secondo i dati dello studio SHARE del 2017, il 54,49% dell’assistenza agli anziani in Italia è fornita dai figli, con contatti molto più frequenti rispetto al resto d’Europa. Il 60% dei figli italiani ha contatti quotidiani con la madre, contro l’11% in Danimarca. Inoltre, oltre il 70% degli over 65 in Italia riceve assistenza quotidiana, contro una media europea del 58,7% (in Svezia solo il 25%).


Generazione panino (e oltre)

Una buona parte dei caregiver che assiste i famigliari adulti e anziani non autosufficienti, assiste contemporaneamente i figli minori. È la cosiddetta generazione panino (sandwich generation). Secondo i dati dell’Istat del 2019, il 41,7% degli italiani si trovava in tale posizione.

Accanto a questa vi è anche la generazione doppio panino: persone tra i 55 e i 75 anni che, oltre a occuparsi di figli adulti, seguono nipoti e/o coniugi anziani, pur essendo spesso anziani a loro volta [(Centro Studi 50&Più, 2023)].

Il fenomeno comunque è internazionale: nel 2021, il 71% degli americani tra i 40 e i 59 anni si prendeva cura sia dei figli sia dei genitori anziani (Willow Brook, 2021). In Canada, nel 2023, il 13% dei cittadini over 15 rientrava tra i sandwiched caregivers: il 62% erano donne, il 38% aveva tra 45 e 65 anni, il 15% più di 65 [(Statistics Canada, 2023)].


Non solo panino: il panino a distanza

Un problema che mi tocca in prima persona ma che riguarda numerose persone e coinvolgerà sempre nuove è quello della distanza geografica: caregiver “manager” che devono occuparsi di familiari in Paesi diversi da quello in cui risiedono. È il caso delle famiglie transnazionali, sempre più numerose in un mondo globalizzato (Baldassar, 2007).

Io stessa ho una parte del “panino” – i figli – in Italia e l’altra – i parenti anziani – in Croazia. Sebbene entrambi i Paesi facciano parte dell’Unione Europea e ciò mi ponga in una condizione teoricamente più favorevole rispetto a chi vive in contesti privi di accordi comuni o con legislazioni meno integrate, da quattro anni vivo questa condizione pesante che mi riempie di sensi di colpa, soprattutto per la presenza insufficiente con miei parenti anziani, di preoccupazioni, di mancato riposo durante le ferie, dedicate tutte a varie forme di assistenza e quant’altro.

In un mondo globalizzato, nel quale si registrano continui e importanti flussi migratori, sembra che nessuno abbia considerato che chi non vive più nel proprio Paese d’origine non può essere del tutto sradicato. Restiamo inevitabilmente legati alle nostre radici, agli affetti e ai doveri familiari.


Il mondo sommerso delle badanti

La famiglia italiana oggi è prevalentemente di piccole dimensioni, i figli spesso vivono nelle città o addirittura nei paesi lontani dai propri parenti anziani e sono ancora in età lavorativa e impegnati nello svolgimento dei compiti genitoriali. E’ ovvio che i figli e i parenti non sono quindi in grado di sostenere da soli il peso della gestione degli anziani ed è proprio per questo che le badanti svolgono un ruolo cruciale.

Nel 2020 si stimavano in Italia circa 1,12 milioni di badanti, perlopiù donne straniere (Est Europa, Sud America, Africa), con età media superiore ai 50 anni e con una forte concentrazione nel Centro Italia [(Censis – Assindatcolf, 2025; Pensionati Cisl, 2024; Welforum, 2024; Repubblica, 2024)].

Foto: Unsplash – Dominik Lange


Riferimenti bibliografici

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