Mia madre ormai da anni non sente bene e, purtroppo, il suo udito continua a peggiorare. Ormai non mi agito più quando non risponde al telefono, né le chiedo perché non abbia richiamato. Tuttavia, questo suo stato di isolamento mi preoccupa profondamente.
Mi è capitato di guardare con lei film o serie televisive che un tempo seguiva con passione, e che ora invece guarda in totale silenzio, senza tono, senza reazioni. Vederla così mi spaventa.
Spesso ho pensato che questo isolamento potesse incidere negativamente sullo stato cognitivo, e per questo mi hanno colpito, in senso negativo, i risultati di alcuni studi recenti.
Cosa dicono le ricerche scientifiche
Uno studio di Ishak et al. (2025), condotto su 2.946 adulti e anziani (età media = 74,9 ± 4,6 anni) seguiti per otto anni, ha rilevato che al 66,1% dei partecipanti è stata diagnosticata, durante il follow-up,, una perdita dell’udito, mentre il 37,2% ha riferito di aver notato autonomamente tale problema. Tra coloro ai quali era stata diagnosticata la perdita uditiva attraverso i test audiometrici, il 32,0% ha sviluppato una forma di demenza, indipendentemente dalla gravità della perdita (lieve, moderata o moderatamente grave). Il fenomeno risultava più frequente tra le donne, i soggetti di età superiore ai 75 anni e le persone di etnia caucasica.
Un altro studio, pubblicato nel Journal of the American Medical Directors Association (JAMDA), ha analizzato la correlazione tra l’insorgenza della demenza e i problemi di udito in una coorte di 102.067 partecipanti di età media 57,8 ± 5,7 anni, tutti senza disturbi uditivi all’inizio dello studio. Nel corso del tempo, il 49,7% dei soggetti ha sviluppato problemi di udito e il 6,5% ha sviluppato una forma di demenza. Durante il follow-up, durato fino a 17 anni, l’incidenza della demenza è risultata significativamente maggiore nei soggetti con perdita uditiva rispetto a quelli senza (8,9% contro 4,1%). Inoltre, l’uso di apparecchi acustici e dispositivi di ascolto assistito è stato associato a una riduzione del rischio di demenza (Kodesh et al., 2025).
Questi risultati mi hanno particolarmente colpita, perché danno un peso oggettivo a ciò che, nella mia esperienza personale, ho sempre temuto: che la perdita dell’udito possa davvero contribuire al declino cognitivo.

Che cos’è la perdita dell’udito?
La perdita dell’udito (o ipoacusia) è una condizione che comporta una riduzione della capacità di percepire i suoni, totale o parziale, che può colpire uno o entrambi le orecche. È una delle disabilità sensoriali più comuni al mondo e tende ad aumentare con l’età.
L’invecchiamento è, infatti, uno dei principali fattori di rischio per la perdita dell’udito. La perdita uditiva legata a tale causa riguarda principalmente le alte frequenze e progredisce gradualmente (Brant et al., 1996; Li et al., 2025), rendendo inizialmente difficile la comprensione della voce umana, soprattutto in ambienti rumorosi (Gates & Mills, 2005).
Si stima che la prevalenza della perdita uditiva aumenti con ogni decade di età (Lin, Niparko, & Ferrucci, 2011). Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), oltre il 12% della popolazione mondiale con più di 60 anni e quasi la metà delle persone sopra i 75 anni presenta una perdita dell’udito moderata (WHO, 2023). Negli Stati Uniti, studi recenti indicano che una percentuale significativa dei beneficiari Medicare di età superiore a 71 anni presenta perdita uditiva e una bassa adesione all’uso di apparecchi acustici (Reed et al., 2023).
Che cos’è la demenza?
Secondo l’OMS, la demenza è “una sindrome, di natura cronica o progressiva, caratterizzata da deterioramento della funzione cognitiva oltre quanto previsto dal normale invecchiamento. Colpisce la memoria, il pensiero, l’orientamento, la comprensione, il calcolo, l’apprendimento, il linguaggio e il giudizio. Comporta anche disturbi del comportamento e della personalità e interferisce significativamente con la vita quotidiana e l’indipendenza della persona” (WHO, n.d.; Elahi & Miller, 2017).
Perché c’è un nesso tra perdita d’udito e demenza?
La perdita dell’udito può incidere pesantemente sull’isolamento sociale e sul rallentamento delle funzioni cognitive, contribuendo allo sviluppo della demenza. I meccanismi alla base di questo nesso non sono ancora completamente chiari. Tra le ipotesi più recenti (Azeem et al., 2023; Johnson et al., 2021; Lasica et al., 2025):
- L’udito fornisce uno stimolo costante ad alcune aree cerebrali; al ridursi di tale stimolo, le regioni interessate possono atrofizzarsi più rapidamente.
- La persona con perdita uditiva impegna molte risorse cognitive per comprendere i suoni, a discapito di altri processi cognitivi, con possibile declino cognitivo.
- La perdita uditiva può essere conseguenza di eventi che colpiscono anche il cervello, come ischemia, infiammazione o neuropatia.
- Cambiamenti nell’udito potrebbero accelerare processi patologici come l’accumulo di proteine tau nelle aree uditive e cognitive, alterando il funzionamento cerebrale.
Come si sente un anziano con problemi di udito?
La ipoacusia è associata a diversi effetti negativi sulla vita quotidiana degli anziani, tra cui (Shukla et al., 2020; Ciorba et al., 2012; National Council on Aging, 2021):
- Ansia e preoccupazione costante per il fatto di non comprendere correttamente gli altri.
- Depressione legata all’isolamento e alla ridotta partecipazione sociale.
- Perdita di autonomia, poiché la difficoltà nell’udire può limitare la capacità di svolgere attività quotidiane in sicurezza.
- Isolamento sociale, derivante dalla difficoltà di comunicare in famiglia o con amici.
- Peggioramento generale della qualità della vita, con riduzione della partecipazione a eventi sociali e culturali.
Questi effetti psicologici evidenziano come la perdita dell’udito non sia soltanto un problema sensoriale, ma influisca profondamente sul benessere emotivo, cognitivo e sociale dell’anziano.
E il caregiver?
Anche la rabbia e il nervosismo dei caregiver nel comunicare con anziani con problemi d’udito sono temi ampiamente studiati. Diversi studi scientifici hanno dimostrato che la perdita uditiva della persona assistita influisce sulla relazione di cura, aumentando lo stress e la frustrazione dei caregiver, e comportando spesso isolamento sociale e anche il risentimento nei confronti della persona assistita (Lazzarotto et al., 2016;Lazzarotto et al., 2019; Ge et al., 202; Dunsmore et al., 2020).
Ammetto che comunicare con la persona anziana che non ti sente è davvero stressante e stancante! Ogni volta che parlo con mia madre devo alzare la voce, e poi proseguo a farlo anche nelle conversazioni con altre persone che incontro dopo. Dopo qualche giorno trascorso a Spalato, torno ad Ancona con il mal di gola!
D’altra parte, percepisco chiaramente la sua frustrazione: spesso finge di aver capito, quando invece è evidente che non ha compreso nulla e mi sembra così piccola e indifesa. Altre volte ci accusa di essere aggressivi nei suoi confronti, probabilmente perché comunichiamo non verbalmente la stanchezza derivante dall’impegno necessario per interagire verbalmente con lei.
Perché gli anziani non usano gli apparecchi acustici?
Nonostante le evidenze scientifiche mostrino che l’uso degli apparecchi acustici riduce il rischio di isolamento, depressione e declino cognitivo, molti anziani continuano a non utilizzarli o lo fanno in modo discontinuo. Le cause di questa bassa aderenza sono molteplici e possono essere raggruppate in fattori psicologici, sociali, economici e pratici. Secondo alcuni studi, meno del 30% degli anziani con perdita uditiva significativa usa regolarmente un apparecchio acustico (Reed et al., 2023). Ma anche quando gli apparecchi vengono acquistati, l’uso quotidiano è tutt’altro che scontato. Uno studio condotto in Finlandia su persone di tra 70 e 85 anni ha rilevato che solo il 55,4% degli utenti di apparecchi acustici li utilizza quotidianamente, soltanto il 27,3% per più di 6 ore al giorno e il 10,7% non li usa affatto (Salonen et al., 2013).
Perché?
Spesso, soprattutto inizialmente, l’anziano tende a giustificare le difficoltà con frasi come “le persone non parlano chiaramente” o “la televisione ha un suono confuso”, piuttosto che ammettere di non sentire (Knudsen et al., 2010). Altri motivi riportati includono disagio fisico, difficoltà di manutenzione, scarsa soddisfazione per il suono e problemi di comunicazione residui, anche con l’ausilio dell’apparecchio. Rumore di fondo disturbante, feedback acustico (fischio), sensazione di fastidio nell’indossarlo, problemi di vestibilità o irritazioni nel canale uditivo (Ng et al., 2015; Jenstad, 2011) sono ulteriori cause del rifiuto dell’apparecchio. Un altro ostacolo importante è di tipo economico e informativo. Gli apparecchi acustici rappresentano un investimento considerevole, e non sempre i costi sono coperti dai sistemi sanitari nazionali o regionali. Infine, un aspetto cruciale è la mancanza di formazione e supporto: l’adattamento a un apparecchio acustico non è immediato e richiede tempo, pazienza e accompagnamento da parte di professionisti e familiari. Molte persone non sono informate sull’esistenza di dispositivi moderni, discreti e facilmente adattabili, né ricevono un adeguato supporto post-acquisto (Ferguson et al., 2017).
Come aiutare una persona con perdita uditiva
Aiutare una persona anziana con perdita uditiva non significa soltanto fornirle un apparecchio acustico e promuovere l’uso regolare di tecnologie assistive come sistemi FM o dispositivi Bluetooth per TV e telefono (Ferguson et al., 2017). Significa innanzitutto ricostruire un ponte comunicativo. La comunicazione con una persona ipoacusica richiede alcune attenzioni semplici ma fondamentali. Sebbene la perdita d’udito possa influire sullo stato cognitivo, non è detto che comprometta necessariamente le capacità intellettive. Per questo motivo, è importante evitare stereotipi che considerano automaticamente una persona anziana incapace di comprendere. Anche qualora la persona non fosse perfettamente lucida, è fondamentale comunicare con rispetto e, se possibile, con maggiore attenzione e affetto. Alcune regole pratiche per migliorare la comunicazione con persone con perdita uditiva sono (ASHA, 2023; NIDCD, 2022):
• Stare in piedi o seduti a una distanza di 1–2 metri dall’ascoltatore.
• Parlare lentamente e chiaramente, mantenendo un tono normale.
• Parlare senza masticare o coprire la bocca.
• Individuare l’orecchio meno compromesso e rivolgersi verso di esso.
• Ridurre i rumori ambientali durante la conversazione (traffico, TV, radio, rumori da altre stanze, ecc.).
• Guardare la persona mentre si parla, in modo che possa leggere le espressioni facciali, il labiale e i gesti.
• Se la persona non ha capito, ripetere il messaggio.
• Ripetere eventualmente con parole diverse per facilitare la comprensione.
• Chiedere conferma della comprensione, ad esempio facendo ripetere la parte importante del messaggio.
• Scrivere, se necessario, parole o frasi chiave per supportare la comprensione.
Il destino ha voluto che proprio ieri, mentre stavo abbozzando questo post, mia madre mi parlasse di una notizia trovata su un social riguardo a uno spray o un medicinale “miracoloso” in grado di migliorare l’udito. Mi fa arrabbiare profondamente osservare quante industrie proliferino approfittando del dolore, della malattia e della disperazione delle persone. Ma questa è una questione che merita un post a parte! Come per tutte le malattie, anche la perdita dell’udito va diagnosticata correttamente, individuandone le cause e le terapie farmacologiche, quando possibili.
Non sono un medico e le informazioni contenute in questo articolo hanno scopo puramente informativo. Il contenuto è frutto di ricerca bibliografica, osservazioni personali ed esperienze dirette, e non sostituisce in alcun modo la consulenza, la diagnosi o il trattamento medico professionale. Se sospetti di avere problemi di udito o qualsiasi altra condizione medica, rivolgiti sempre a un medico o a uno specialista qualificato per una valutazione accurata e per le indicazioni terapeutiche appropriate.
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