Invecchiamento, Invecchiamento e vecchiaia, Vecchiaia

Quando si diventa vecchi?

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L’invecchiamento non è un processo esclusivamente biologico. Si distinguono infatti tre aspetti dell’invecchiamento: biologico, psicologico e sociale.
L’invecchiamento biologico coincide con il momento in cui i processi di deterioramento iniziano a superare quelli rigenerativi. L’invecchiamento sociale si manifesta di norma in seguito a determinati eventi che incidono sui ruoli sociali di un soggetto (pensionamento, cambiamento del ruolo in famiglia, ecc.) oppure quando la società o gli individui stessi iniziano a percepirsi come anziani (Diehl, Wettstein, Spuling, & Wurm, 2021; Radjenovic, Rupprecht, & Nikitin, 2024). L’invecchiamento psicologico, infine, si verifica con l’insorgenza di problemi cognitivi e con il cambiamento delle emozioni e della percezione di sé (Gladyshev et al., 2024).

I tre processi si influenzano reciprocamente, possono manifestarsi in momenti diversi per ciascun individuo e sia i tempi di insorgenza sia la velocità con cui procedono possono variare significativamente da persona a persona (Aging Project, 2021; Gladyshev et al., 2024; Polsky, Rentscher, & Carroll, 2022).
Le definizioni più tradizionali dell’invecchiamento biologico collocano il suo inizio intorno ai 30 anni, con un’accelerazione tra i 45 e i 55 anni, e lo descrivono come un processo caratterizzato da una graduale perdita delle capacità funzionali e da un aumento della comorbidità (Ding et al., 2025).

La vecchiaia può, di conseguenza, essere considerata il risultato dell’invecchiamento di ciascuno dei tre aspetti sopra elencati. Tuttavia, il criterio più comunemente utilizzato per definirla si basa esclusivamente sull’età cronologica. Secondo una definizione storica — attribuita addirittura a Otto von Bismarck — è anziana una persona che ha superato i 65 anni (OECD, 2019).
Poiché all’interno di una categoria così ampia — dai 65 anni a oltre i 100 — i soggetti presentano notevoli differenze biologiche, sociali e psicologiche, si è soliti distinguere al suo interno diversi sottogruppi, prevalentemente tre:

  • “Giovani anziani”: soggetti di età compresa tra i 60 e i 69 anni, anche se alcune definizioni includono in questa fascia anche coloro che hanno fino a 79 anni.
  • “Anziani”: soggetti di età compresa tra i 70 e i 79 anni o, secondo alcune classificazioni, fino addirittura a 89 anni.
  • “Grandi anziani”: soggetti con 80 o più anni, o, in alcune classificazioni, con 90 anni e oltre (Forman et al., 1992; Zizza, Ellison, & Wernette, 2009; Transgenerational.org, 2016).

L’Italia è vecchia?

Sì, l’Italia è una nazione “anziana”, in cui si osserva un invecchiamento continuo e progressivo della popolazione, un fenomeno tutt’altro che destinato a fermarsi.
Il processo di invecchiamento demografico è iniziato già negli anni Sessanta del Novecento, ma è diventato particolarmente evidente tra gli anni Novanta e i primi anni 2000. A partire dal 2002, l’indice di vecchiaia ha mostrato un aumento significativo: nel 2023, per ogni bambino sotto i 6 anni si contavano 5,8 anziani, rispetto ai 3,8 del 2011 (ISTAT).

Nel 2023, l’Italia ha registrato il più alto indice di vecchiaia nell’Unione Europea, con 199,8 anziani ogni 100 giovani, e una percentuale di popolazione over 65 pari al 24,3%. La prevalenza della popolazione anziana ha continuato a crescere e, secondo l’ultimo rapporto ISTAT, nel 2025 il 24,7% della popolazione italiana (circa 14.573.000 persone) era anziana, con ben 4.591.000 soggetti ultraottantenni (ISTAT, 2024).
La Figura 1 mostra la piramide delle età elaborata da Tuttitalia.it sui dati ISTAT relativi al 2024.

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Figura 1 – La piramide delle età: Italia, 2024 – Fonte: elaborazione Tuttitalia.it dei dati ISTAT 2024

L’invecchiamento della nazione è dovuto principalmente, anche se non esclusivamente, alla combinazione di due fattori demografici: l’aumento della durata media della vita (in Italia, più precisamente a Ogliastra in Sardegna, si trova una delle cinque zone blu, caratterizzate da una maggiore concentrazione di popolazione longeva e di centenari rispetto al resto del mondo) e la denatalità.

Vecchia e non solo

La denatalità, insieme all’aumento dei decessi e all’emigrazione giovanile (solo in parte compensata dall’immigrazione), ha causato una forte e continua decrescita demografica, con una progressiva riduzione della popolazione residente: da oltre 60 milioni nel 2013 a 58.989.749 al 1° gennaio 2024.

Anche la composizione delle famiglie italiane ha subito una trasformazione significativa, soprattutto per quanto riguarda il numero dei componenti. Nel 1950, il 20% delle famiglie era composto da sei o più persone. Da allora si è assistito a una continua riduzione delle dimensioni familiari: nel 2023-24 le famiglie unipersonali rappresentavano il 36,2% del totale, mentre quelle con sei o più membri erano appena l’1,1%.

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Tabella 1 – L’aspettativa di vita libera da disabilità: EU, 2022 –       Fonte: Eurostat, 2025

I numerosi cambiamenti demografici hanno avuto conseguenze rilevanti sulla condizione delle persone anziane, poiché hanno determinato:

  • una riduzione della forza lavoro attiva, dovuta sia al calo demografico sia all’aumento della quota di popolazione anziana e non produttiva; di conseguenza, la dipendenza degli anziani è cresciuta notevolmente — nel 2024, l’Italia presentava il più alto indice di dipendenza degli anziani nell’UE: 38,4 over 64 ogni 100 individui in età lavorativa;
  • una pressione crescente sui sistemi pensionistici e sanitari, con rilevanti impatti economici e sociali;
  • difficoltà a garantire cura e assistenza all’interno del nucleo familiare, aggravata dalla riduzione dei professionisti sanitari, in particolare a causa dell’emigrazione.

L’invecchiamento della popolazione non riguarda tuttavia soltanto l’Italia: le previsioni globali indicano che entro il 2050 la popolazione anziana raddoppierà a livello mondiale, mentre nei Paesi industrializzati il numero di ultraottantenni quadruplicherà (Epicentro ISS, 2012).

Vita lunga vs. vita attiva

Gli autori Higgs e Gilleard hanno introdotto nel 2017 il concetto di quarta età per definire l’età caratterizzata da incapacità e fragilità, in contrasto con la terza età, spesso ancora caratterizzata da attività e indipendenza (Higgs & Gilleard, 2017). La stessa distinzione è suggerita dall’Istituto Superiore di Sanità (2021), confermando la maggiore utilità di distinguere tra autosufficienza e dipendenza piuttosto che basarsi esclusivamente sulle età anagrafiche (Istituto Superiore di Sanità, 2021).

Di fatto, anche le statistiche nazionali e internazionali, oltre a considerare la durata media della vita e l’aspettativa di vita, calcolano anche l’indicatore DFLE (Disability-Free Life Expectancy), ovvero una misura dell’aspettativa di vita libera da disabilità.

Considerando che l’Italia si colloca tra i paesi europei con le aspettative di vita più elevate (85 anni per le donne e 82 per gli uomini nel 2023), mentre l’aspettativa di vita in buona salute è di circa 67 anni per gli uomini e quasi 68 per le donne, un semplice calcolo evidenzia il divario tra la durata della vita anagrafica e quella in buona salute (Eurostat, 2025).

Invecchiamento attivo

È proprio da questo divario che nasce la difficoltà di essere anziani: anche nelle migliori condizioni, una persona anziana si trova a necessitare, per un certo numero di anni, di assistenza sanitaria, psicologica, economica, sociale o di una combinazione di queste.

A livello individuale, adottare uno stile di vita sano e attivo e impegnarsi a rimanere “giovani” biologicamente, socialmente e psicologicamente è fondamentale. Tuttavia, risulta altrettanto determinante il contributo delle istituzioni e delle politiche pubbliche che sostengono e promuovono l’invecchiamento attivo.

In questo senso, l’Unione Europea interviene con varie misure e strumenti per promuovere l’invecchiamento attivo e ridurre il divario tra vita anagrafica e vita in buona salute.

A livello europeo viene inoltre rilevato l’Indice di Invecchiamento Attivo, utilizzato per misurare quattro aspetti fondamentali di tale invecchiamento. L’indice, calcolato per i soggetti residenti nei paesi dell’UE di età pari o superiore a 55 anni, è composto da quattro domini, che comprendono a loro volta 22 indicatori. I quattro domini sono:

  1. Occupazione
  2. Partecipazione alla vita sociale
  3. Vita indipendente, in salute e in sicurezza
  4. Capacità personali e fattori ambientali favorevoli all’invecchiamento attivo (Zaidi & Stanton, 2015).
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Figura 2 – Indice di Invecchiamento Attivo

I dati dettagliati sulle singole componenti dei quattro domini sono disponibili per i paesi UE e consultabili alla pagina:
Active Ageing Index – UNECE

La tabella seguente riassume i valori dell’indice per gli anni 2008, 2012 e 2018, confrontando il primo e l’ultimo anno di osservazione. Si evince che in Italia sia stato registrato un miglioramento rispetto al primo anno di osservazione qui riportato e che i valori dell’indice oscillano costantemente intorno alla media europea, rimanendo però leggermente al di sotto.

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Tabella 2 – Indice di Invecchiamento Attivo: UE, anni 2008, 2012, 2018

Fonte: “Active Ageing Index project. https://statswiki.unece.org/display/AAI/Active+Ageing+Index+Home”

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 Tabella 3 – Singole componenti dei 4 domini dell’Indice di Invecchiamento Attivo: EU 2018 (calcolato sui valori registrati nell’anno 2016) (calcolato sui valori registrati nell’anno 2016)

Fonte: United Nations Economic Commission for Europe 2018, Active Ageing Index Analytical Report, 2019

Come emerge dalla Tabella 4, i valori italiani non si discostano particolarmente dalla media europea per tutti e quattro i domini che compongono l’indice. Tuttavia, i dati relativi all’Italia mostrano importanti gap di genere, soprattutto nelle regioni del Sud del Paese. Tale divario è particolarmente rilevante: pari a -14, colloca l’Italia penultima in classifica, preceduta solo da Malta.

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Figura 3 – Gap di genere, Indice di Invecchiamento Attivo. Italia 2018

Fonte: United Nations Economic Commission for Europe 2018, Active Ageing Index Analytical Report, 2019

Inoltre, permane un consistente divario tra le diverse regioni italiane, con le regioni del Sud Italia e delle isole che si collocano nuovamente in posizioni peggiori.

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Figura 4 – Gap geografico, Indice di Invecchiamento Attivo. Italia 2018

Fonte: United Nations Economic Commission for Europe 2018, Active Ageing Index Analytical Report, 2019

Tuttavia, i dati concernenti la sola Italia mostrano importanti gap di genere, soprattutto al Sud (Figura 3). Di fatto, la posizione dell’Italia da questo punto di vista è particolarmente grave in quanto tale gap risulta pari a -14 e l’Italia e seconda solamente a Malta a livello europeo. 

Inoltre, permane il solito gap tra le diverse regioni Italiane che vede nuovamente le regioni del Sud Italia e delle isole nella posizione peggiore (Figura 4).

Foto: Volodymyr Hryshchenko – Unsplash

Riferimenti

  Aging Project. (2021, 29 giugno). La teoria del disimpegno. Recuperato da https://www.agingproject.uniupo.it/per-i-professionisti/teorie-invecchiamento/la-teoria-del-disimpegno/

  Diehl, M., Wettstein, M., Spuling, S. M., & Wurm, S. (2021). Age-related change in self-perceptions of aging: Longitudinal trajectories and predictors of change. Psychology and Aging, 36(3), 344–359.

  Ding, Y., Zuo, Y., Zhang, B., Fan, Y., Xu, G., Cheng, Z., Ma, S., Fang, S., Tian, A., Gao, D., Xu, X., Wang, Q., Jing, Y., Jiang, M., Xiong, M., Li, J., Han, Z., Sun, S., Wang, S., He, F., Yang, J., Qu, J., Zhang, W., & Liu, G. H. (2025). Comprehensive human proteome profiles across a 50-year lifespan reveal aging trajectories and signatures. Cell.

  Epicentro ISS. (2012). Invecchiamento e salute. Recuperato da https://www.epicentro.iss.it/ben/2012/aprile/2

  Eurostat. (2025). Healthy life years statistics. Recuperato da https://ec.europa.eu/eurostat

  Forman, D. E., Berman, A. D., McCabe, C. H., Baim, D. S., & Wei, J. Y. (1992). PTCA in the elderly: The “young-old” versus the “old-old”. Journal of the American Geriatrics Society, 40(1), 19–22.

  Gladyshev, V. N., Anderson, B., Barlit, H., Barré, B., Beck, S., Behrouz, B., Belsky, D. W., Chaix, A., Chamoli, M., Chen, B. H., … et al. (2024). Disagreement on foundational principles of biological aging. PNAS Nexus, 3(12), pgae499.

  Higgs, P., & Gilleard, C. (2017). Rethinking Old Age: Theorising the Fourth Age. Palgrave Macmillan.

  Istituto Superiore di Sanità (ISS). (2021). Rapporto ISS Covid-19 n. 6/2021: Assistenza sociosanitaria residenziale agli anziani non autosufficienti.

  ISTAT. (2024). Rapporto sulla popolazione italiana. Recuperato da http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=42869

  OECD. (2019). Pensions at a glance 2019: OECD and G20 indicators. OECD Publishing.

  Polsky, L. R., Rentscher, K. E., & Carroll, J. E. (2022). Stress-induced biological aging: A review and guide for research priorities. Brain, Behavior, and Immunity, 104, 97–109. https://doi.org/10.1016/j.bbi.2022.05.016

  Radjenovic, S., Rupprecht, F. S., & Nikitin, J. (2024). Establishing and maintaining social relationships during significant life events: The role of age. The Journals of Gerontology: Series B, 79(11), gbae144.

  Transgenerational.org. (2016). Demographics of Aging. Recuperato da https://www.transgenerational.org

  Zaidi, A., & Stanton, D. (2015). Active Ageing Index: Analytical Report 2015. United Nations Economic Commission for Europe.

  Zizza, C. A., Ellison, K. J., & Wernette, C. M. (2009). Total water intakes of community-living middle-old and oldest-old adults. The Journals of Gerontology Series A: Biological Sciences and Medical Sciences, 64A(4), 481–486.

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